
L’industria cinematografica svizzera ha sempre avuto nel servizio pubblico radiotelevisivo un partner importante. Questa condizione non è di certo mutata con l’avvento delle piattaforme digitali, che pure hanno cambiato non poco le coordinate del mondo delle produzioni cinematografiche. Abbiamo intervistato Fulvio Bernasconi, regista ticinese de La linea della palma, l’ultima serie televisiva targata RSI, per approfondire con lui il legame esistente fra produzioni nazionali e servizio pubblico radiotelevisivo. Su questo e altri temi, la SSR. CORSI ha organizzato una tavola rotonda, che si terrà martedì 14 ottobre alle 18.30 al Palacinema di Locarno.
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Caro Fulvio, qual è stato il tuo percorso che ti ha portato a diventare regista?
Ho cominciato a frequentare le sale cinema da adolescente e ho pensato che potessero essere sicuramente un mezzo, anche immediato, per comunicare cose importanti sul mondo e sulla società in cui viviamo. Ho sempre avuto una visione piuttosto politica della vita e nei film ho trovato quello che cercavo. Partire da Lugano negli anni Ottanta con l’idea di diventare regista era una scelta insolita, ma alla fine sono molto contento di aver intrapreso questo percorso.
Il tuo ultimo lavoro si intitola La linea della palma, una serie televisiva RSI che verrà trasmessa a fine 2025. Come è nato questo progetto?
Il progetto è nato prima che io ne assumessi la regia, essendo stato selezionato nel quadro del concorso di idee indetto dalla RSI nel 2019 – lo stesso contesto che ha portato alla realizzazione della serie tv Alter Ego. In seguito, dopo che l’idea è passata al produttore Hugo Film e allo sceneggiatore Thomas Ritter sono stato chiamato a dirigere questa pellicola, portando il mio contributo anche in fase di revisione della sceneggiatura.
Due anni dopo Alter Ego la RSI ritorna con una serie televisiva con al centro un mistero da risolvere. Come mai secondo te il pubblico si appassiona così tanto a questo genere di storie?
Non è semplice rispondere. Sicuramente il poliziesco è un genere che ha svolto un ruolo di primo piano sia nella storia delle serie televisive sia nelle opere cinematografiche, per varie ragioni di ordine antropologico, sociologico e narrativo. Il poliziesco incarna degli archetipi narrativi fondamentali come: la lotta del bene contro il male, la possibilità di ristabilire l’ordine della società, Ia necessità di confrontarsi al lato oscuro dell’umanità.
Mi piace ricordare però che La linea della palma non è un semplice thriller, ma anche un dramma psicologico, ed è proprio nella sintesi di questi due generi che risiede la modernità della serie, dove lo sviluppo psicologico dei personaggi ha un ruolo importante.
È indubbio che da ormai un decennio, e forse di più, le serie televisive stanno ottenendo un successo importante. Quanto questo fenomeno è legato all’avvento della digitalizzazione e delle grandi piattaforme internazionali di streaming?
Il successo delle serie televisive è incontestabile, anche se forse negli ultimi tempi si è registrata una lieve flessione. Alcune buone serie erano già state realizzate in precedenza, ma bisogna ammettere che con l’arrivo delle nuove piattaforme e di maggiori investimenti si è creato un circolo virtuoso, che ha accelerato questo fenomeno. Attraverso le serie si possono fare cose diverse e si possono sviluppare meglio le idee che si vogliono portare sullo schermo: in un mondo sempre più complesso, la possibilità di narrazioni lunghe e articolate permette di fornire una visione della realtà più sfaccettata e dettagliata.
Queste nuove piattaforme hanno permesso sicuramente un accesso più immediato e massiccio alle produzioni cinematografiche con il rischio però di allontanare il pubblico dalle pellicole svizzere. Quanto reputi utile dal tuo punto di vista l’adozione di una legge come la Lex Netflix?
Uno strumento di legge come la Lex Netflix è indubbiamente di aiuto, ma purtroppo non sufficiente per innescare un processo virtuoso per generare una reale crescita di soldi e investimenti nell’industria cinematografica svizzera. È stata una battaglia importante e forte a livello politico, ma è sempre opportuno ricordare che l’audiovisivo è un settore che necessita di supporto e finanziamenti importanti per ottenere risultati significativi. Attraverso questa legge solo il 4% del fatturato lordo prodotto in Svizzera dalle piattaforme deve essere investito nella produzione cinematografica nazionale: per esempio, in Italia e in Francia – due Paesi culturalmente importanti per il cinema europeo – sono richiesti rispettivamente i tassi del 20% e del 25%.
Quanto è fondamentale per il panorama cinematografico svizzero il supporto e il sostegno del servizio pubblico radiotelevisivo?
È indispensabile come l’ossigeno, tutto l’audiovisivo in Svizzera è in qualche modo supportato dalla SSR. Senza voler esagerare, direi che senza il supporto del servizio pubblico radiotelevisivo l’audiovisivo in Svizzera sarebbe morto, almeno a livello professionale. Potrebbe sopravvivere, ma semplicemente in ambito amatoriale. È una questione soprattutto di cifre: al di sotto di un certo numero di produzioni e di mezzi, soprattutto finanziari, l’audiovisivo non riesce a sviluppare un circolo virtuoso.
A cura di Marco Ambrosino, Responsabile contenuti editoriali per il Segretariato SSR.CORSI
