Il linguaggio che si utilizza nel raccontare la realtà contribuisce in qualche modo a trasformarla. Questo principio tanto caro ai sociolinguisti è tutt’ora una verità quando si affronta il tema della parità di genere e della sua percezione, soprattutto a livello mediatico. Su questo tema la SSR.CORSI ha organizzato un incontro pubblico dal titolo evocativo Ribaltare le narrazioni: il ruolo dei media nel promuovere la parità, che si svolgerà martedì 9 dicembre alle ore 18:15 presso l’Auditorium di Banca Stato a Bellinzona. Per approfondire questa tematica dal punto di vista dell’azienda, abbiamo intervistata Patrizia Perrotta, Responsabile dipartimento Risorse Umane RSI.
Cara Patrizia, come è cambiata, a tuo avviso, la percezione dell’importanza della parità di genere nell’opinione pubblica in questi ultimi anni?
Negli ultimi anni ho percepito un’evoluzione significativa nell’attenzione verso la parità di genere. L’importanza del tema è ormai riconosciuta in modo molto più ampio rispetto al passato: se prima se ne parlava soprattutto in termini di “diritti” o di “obblighi normativi”, oggi è sempre più evidente che si tratta di un elemento chiave per la qualità delle relazioni, per l’innovazione e per la sostenibilità delle organizzazioni.
Le nuove generazioni, in particolare, mostrano una sensibilità e una consapevolezza molto più forti. I giovani tendono a dare per scontato che le opportunità debbano essere realmente paritarie, e faticano a comprendere perché non sempre lo siano. Per loro la parità di genere è un valore fondamentale. Crescono in ambienti più interculturali e digitali, dove circolano più idee e testimonianze. Di conseguenza esercitano pressioni sociali e politiche per un cambiamento più rapido. Questo è un segnale molto positivo, perché significa che il cambiamento culturale è in atto e che, col tempo, diventerà sempre più naturale.
Le generazioni precedenti, invece, portano con sé modelli più tradizionali, spesso frutto di un contesto storico diverso. Tuttavia, anche in queste fasce d’età si percepisce una crescente apertura e curiosità verso nuovi approcci, soprattutto grazie al confronto tra le generazioni e al dibattito pubblico sempre più presente.
In questi ultimi anni è cresciuta la consapevolezza sociale e culturale rispetto a temi quali la disparità salariale, le molestie, la rappresentanza politica e i ruoli familiari. In sintesi, la parità di genere è passata dall’essere un tema “discusso” a un tema “sentito”: oggi è parte della conversazione sociale e professionale, e questo rappresenta un passo fondamentale verso un cambiamento reale e duraturo.
Che ruolo può svolgere la RSI nel sensibilizzare il pubblico sul tema della parità di genere?
Credo che la RSI possa svolgere un ruolo di grande rilievo nel sensibilizzare il pubblico sul tema della parità di genere. Come servizio pubblico, abbiamo la responsabilità — ma anche l’opportunità — di contribuire al cambiamento culturale attraverso l’informazione, la rappresentazione e l’esempio concreto. La presenza di un numero sempre maggiore di donne in ruoli decisionali - in politica, nelle aziende, nello sport, nella scienza – offre nuovi modelli di riferimento. E questo ha due effetti: “normalizza” la leadership femminile ed espone l’opinione pubblica alle disuguaglianze ancora esistenti.
In questo senso, la RSI ha già intrapreso diverse iniziative, sia per agire al proprio interno, come datore di lavoro che si impegna per lo sviluppo costante della propria cultura aziendale, sia per dare un contributo alla società grazie alla rappresentanza di genere nei programmi: da tempo, ad esempio, rileva mensilmente la rappresentanza di genere nei propri programmi, monitorando la presenza di ospiti ed esperte/i. Questo permette a tutte le redazioni e gruppi di produzione di mantenere alta l’attenzione sull’equilibrio e sulla visibilità delle voci femminili nei contenuti che raggiungono il pubblico ogni giorno.
Parallelamente, l’azienda promuove l’uso del linguaggio inclusivo di genere, non solo nelle comunicazioni interne ed esterne, ma anche nei programmi radio, televisivi e digitali. Si tratta di un impegno importante, perché il linguaggio non è neutro: contribuisce a costruire la realtà che raccontiamo e a rendere tutti più consapevoli del valore della diversità.
La RSI incoraggia inoltre modelli organizzativi basati sulla co-conduzione e sulla co-responsabilità. Ne sono un esempio concreto la conduzione di alcuni settori aziendali, quali il Servizio giuridico e il settore on line del Dipartimento Informazione, e del nostro asilo nido aziendale: il primo in Ticino gestito in co-conduzione da due responsabili, progetto pilota sostenuto dalle autorità cantonali su proposta della RSI e ora diventato modello di riferimento anche per le altre strutture sul territorio. Queste esperienze mostrano che la collaborazione e la leadership condivisa possono generare valore, sia per le persone sia per l’azienda.
Attraverso queste azioni, la RSI non si limita a promuovere la parità all’interno, ma contribuisce anche a diffondere una cultura dell’equità e dell’inclusione nella società, coerentemente con la propria missione di servizio pubblico.
L'impegno di un’emittente televisiva per la parità di genere si riflette non solo nella composizione del personale, ma anche nella scelta degli ospiti dei programmi. Quali strategie sono state adottate per garantire una maggiore parità di genere tra gli interlocutori del servizio pubblico?
Tutte le redazioni della SRG SSR partecipano al progetto nazio “Chance 50:50”, un’iniziativa su base volontaria che punta a garantire una rappresentanza equilibrata di esperte ed esperti nei programmi. Numerosi team in tutte le unità aziendali sostengono attivamente questa iniziativa e i risultati sono incoraggianti.
Per quanto riguarda la conduzione dei programmi alla RSI, per esempio, nel 2024 abbiamo registrato un aumento della presenza femminile con una quota media del 38% (in crescita di cinque punti percentuali rispetto al 2023). Sul fronte degli ospiti la rappresentanza femminile nei programmi RSI per il 2024 si è mantenuta stabile intorno al 30%. La nostra Radio, con una quota del 37%, ha superato di quasi dieci punti percentuali il nostro vettore televisivo.
Le redazioni televisive e radiofoniche RSI hanno inoltre sviluppato una guida per un linguaggio inclusivo, rendendo l’uso corretto e rispettoso dei generi una pratica naturale e quotidiana all’interno dei programmi.
Nell’ambito di questo impegno, la RSI sta lavorando anche all’ampliamento del proprio Data Base Ospiti, lo stesso ormai condiviso da tutte le redazioni, con una mappatura delle categorie meno rappresentate per agevolare così una ricerca più mirata di nuove ospiti ed esperte.
Parallelamente, la RSI dal 2023 organizza regolari edizioni del corso “Donne in evidenza”, percorso formativo rivolto alle potenziali ospiti donne dei nostri programmi. Questo momento formativo – della durata di una giornata, organizzato dal nostro settore Sviluppo e Formazione e guidato dai colleghi Reto Ceschi e Carla Norghauer - mira a offrire alle donne strumenti utili per affrontare le apparizioni mediatiche con maggiore consapevolezza e fiducia, contribuendo così ad aumentare la rappresentanza di genere e la presenza di voci femminili nei diversi programmi.
Quali strumenti può utilizzare l’azienda per monitorare l’evoluzione di questo processo?
Per monitorare in modo efficace l’evoluzione verso una reale parità di genere — e più in generale verso una maggiore diversità e inclusione — è fondamentale disporre di strumenti strutturati e di un impegno costante nel tempo. E l’impegno può essere garantito soltanto dove il vertice aziendale creda profondamente in questo valore e lo sostenga quale pilastro fondamentale della strategia.
A livello nazionale, la SRG SSR alcuni anni fa ha istituito un Diversity Board, che definisce le linee guida strategiche e monitora i progressi negli ambiti della diversità e dell’inclusione. Questo organismo ha anche istituito la presenza di “antenne” regionali, presenti in ciascuna unità aziendale, tra cui naturalmente la RSI, negli ambiti sia delle Risorse Umane che dei programmi, per garantire che gli obiettivi strategici definiti a livello nazionale si trasformino in azioni e siano concretamente radicati nei contesti regionali.
All’interno della RSI, l’ambito Diversità e Inclusione è presidiato da una specialista D&I (Diversity & Inclusion), referente all’interno del Dipartimento Risorse Umane e che funge da collegamento con me e con la Direzione, e da altri quattro referenti nei vari dipartimenti di programma (Informazione, Sport, Cultura & Società, Programmi & Immagine), con il compito di tradurre gli obiettivi in iniziative concrete e di promuovere un dialogo continuo su questi temi.
Qualche tempo fa in tutta la SRG SSR è stato anche condotto un sondaggio interno dedicato alla diversità e all’inclusione, che ha permesso di raccogliere, direttamente dal personale, esperienze, percezioni e suggerimenti. Questi dati rappresentano una base preziosa per individuare le aree in cui possiamo migliorare e per misurare nel tempo l’efficacia delle azioni intraprese. Il tema D&I è anche regolarmente presente nel sondaggio tra il personale che in tutta la SRG SSR viene condotto ogni due anni. Proprio in queste settimane stiamo lavorando sui risultati dell’ultimo sondaggio, svoltosi lo scorso mese di settembre, e insieme alle colleghe e ai colleghi del Comitato Direttivo RSI discuteremo i risultati all’interno dei diversi dipartimenti per definire, in una modalità partecipativa di pieno coinvolgimento del personale, le azioni concrete da intraprendere per lavorare costantemente sullo sviluppo della nostra cultura aziendale.
Infine, la presenza in azienda di una specialista D&I che si interfaccia anche con le altre unità aziendali della SRG SSR, garantisce coerenza e coordinamento a livello nazionale, favorendo lo sviluppo di progetti condivisi anche a livello nazionale e il consolidamento di buone pratiche.
Attraverso questo approccio sistemico e partecipativo, l’azienda può monitorare con maggiore precisione i progressi verso l’obiettivo del 50:50 e, soprattutto, assicurare che la parità non sia solo un traguardo numerico, ma una reale cultura organizzativa.
La parità di genere non si misura solo nei numeri complessivi, ma anche nel cosiddetto glass ceiling index, che indica quante donne raggiungono ruoli dirigenziali. Quali misure è possibile adottare per migliorare questo aspetto?
Per migliorare la rappresentanza femminile nei ruoli dirigenziali e ridurre il cosiddetto “soffitto di cristallo”, è importante combinare strumenti di monitoraggio, formazione e percorsi di sviluppo personalizzati. Studi su gap salariali, violenza di genere, discriminazione nel lavoro e nel linguaggio sono diventati ormai più diffusi e accessibili. Quando i dati sono chiari e pubblici, è più difficile ignorare o sminuire il problema. E’ anche ormai sempre più riconosciuto da aziende e governi che la parità di genere aumenta la produttività, le organizzazioni inclusive innovano di più e, in generale, le economie funzionano meglio quando la rappresentanza di genere è garantita.
Alla RSI abbiamo già avviato diversi programmi di leadership al femminile, rivolti a Quadri, responsabili di redazione e di edizione, produttrici e altre figure chiave. L’obiettivo è fornire competenze, strumenti e sicurezza per affrontare con consapevolezza le responsabilità e le opportunità di carriera.
Di recente abbiamo anche condotto una mappatura dei profili in alcuni settori interni, sempre con particolare attenzione agli ambiti di programma, proprio per individuare donne che hanno le competenze e il potenziale per accedere a ruoli di responsabilità, ma che talvolta esitano a candidarsi o a mettersi in gioco. Per queste persone organizziamo programmi di mentoring, coaching e piani di carriera personalizzati, che le accompagnano passo-passo nello sviluppo professionale.
La RSI, inoltre – così come tutta la SRG SSR – da diversi anni non pubblica più annunci per posti di lavoro che richiedano esclusivamente il tempo pieno (100%): il carico di lavoro massimo è sempre compreso tra l’80% e il 100%. Inoltre, il telelavoro è possibile, è esplicitamente previsto dalle condizioni contrattuali del Contratto collettivo e può essere applicato a tutti i livelli gerarchici.
Queste misure permettono non solo di monitorare i numeri, ma anche di creare un ambiente in cui le donne possano realmente sviluppare il loro talento, trovare un migliore equilibrio tra vita privata e professionale, aumentare la visibilità e sentirsi incoraggiate a occupare posizioni al vertice.
È comunque incoraggiante il progresso raggiunto dalla SRG SSR nella rappresentanza femminile ai vertici: tra il 2021 e il 2024 la percentuale di donne in posizioni dirigenziali è passata dal 31% al 36%.
Secondo te quali sono gli ostacoli culturali principali che non permettono, a oggi, la realizzazione di una vera parità di genere?
Credo che oggi i principali ostacoli alla piena parità di genere non risiedano tanto nelle regole o nelle politiche — che ormai esistono e sono sempre più diffuse — quanto nelle abitudini e nei modelli culturali che, spesso inconsapevolmente, abbiamo interiorizzato.
Anche quando un’azienda promuove attivamente l’equità, ad esempio attraverso la co-conduzione, il lavoro a tempo parziale o forme di flessibilità, restano spesso aspettative implicite sui tempi e sulle modalità di lavoro. Queste aspettative possono influenzare la percezione dell’impegno o dell’ambizione delle persone, generando talvolta giudizi non intenzionali, ma comunque significativi.
La percezione dell’importanza della parità di genere è cambiata perché la società è più informata, più connessa e più sensibile alle disuguaglianze. Le nuove generazioni, i media digitali, la presenza crescente delle donne nei ruoli chiave e la disponibilità di dati concreti hanno trasformato un tema un tempo quasi “di nicchia” in una questione centrale di giustizia sociale e di sviluppo.
Tuttavia, a differenza dei Paesi scandinavi, dove la parità è ormai parte integrante della cultura e delle politiche sociali, nei contesti latini come il nostro il cambiamento è più graduale. Questo perché non riguarda soltanto l’adeguamento delle norme, ma tocca aspetti profondi: mentalità, convinzioni e comportamenti quotidiani.
Molte aziende hanno già creato le condizioni per favorire la parità; tuttavia, il passo successivo dipende dalle persone. Gli automatismi e i modelli con cui siamo cresciuti possono rendere più difficile cogliere appieno le opportunità offerte. In questo senso, la Generazione Z rappresenta un segnale incoraggiante: dimostra che nuovi approcci sono possibili e che la cultura dell’equità può diventare, progressivamente, una realtà condivisa.
A cura di Marco Ambrosino, responsabile contenuti editoriali SSR.CORSI