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Giornalismo ticinese: a che punto stiamo?

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13 Giugno 2018
Intervista a Giancarlo Dillena, già direttore del “Corriere del Ticino”
INTERVISTA

Giancarlo Dillena è stato per 18 anni direttore responsabile del “Corriere del Ticino” e attualmente è professore USI per la Facoltà di Scienze della comunicazione. Ha inoltre condotto diverse trasmissioni radiofoniche e televisive di attualità, tra cui il talk-show di politica e costume “Piazza del Corriere” su Teleticino. Con lui abbiamo fatto il punto della situazione sulla realtà giornalistica ticinese.

"In un mondo – osserva Dillena – che cambia molto in fretta è impensabile che il Ticino non segua le tendenze generali anche in fatto di giornalismo e non si apra alla novità, nonostante delle volte rimanga anche molto autoreferenziale. Il rischio, con la velocità dei cambiamenti, è però di finire in una specie di opaco “melting pot”, in cui informazione, intrattenimento, chiacchiericcio, aggressività, esibizionismo, propaganda politica e promozione commerciale si mescolano indistintamente, confondendo gli utenti.  Spero si tratti di una fase transitoria. Il lavoro giornalistico cambia anche con le critiche ma c’è un problema:  i giornalisti tendono a sostenere la critica solo quando a farla sono loro. Se invece la critica la formula qualcun altro nei loro confronti, viene subito percepito come un attacco alla libertà di stampa e un tentativo di imbavagliare l’opinione pubblica. Apriti cielo! In realtà, chi critica può e deve essere criticato, senza scomodare sempre i massimi principi."

 

Ma i lettori ticinesi sono lettori perspicaci?

"Anzitutto, sono attenti a ciò che interessa loro e in particolare a ciò che avviene nel cortile di casa. In un Paese come il nostro, con una democrazia semidiretta, questo si spiega e giustifica. Del resto, se dovessimo salvare solo il “grande giornalismo” che si occupa dei temi internazionali, uccideremmo quattro quinti della stampa mondiale e il mondo non diventerebbe per questo migliore. Al contrario."

 

Si può davvero parlare di etica giornalistica in senso generale, visto che, soprattutto in Ticino, ogni testata giornalistica segue la sua personale linea editoriale?

"Starei attento al concetto di “etica giornalistica”, perché queste formula viene spesso usata in modo ambivalente: è “etico”attaccare tutto, anche la vita privata; non è “etico” fare lo stesso con chi invece è dalla nostra parte. Personalmente preferisco dunque parlare di correttezza, rigore, serietà, nel far sentire la propria voce ma anche quella di chi la pensa diversamente. Nel richiamo troppo frequente all’ “etica” avverto un fastidioso odore di censura, camuffata sotto grandi principi."

 

Quali consigli per un giovane che vuole avvicinarsi al mondo giornalistico?

"Credo che una preparazione superiore sia fondamentale, per acquisire attraverso lo studio la consapevolezza della complessità delle cose. Il rischio di una comprensione sommaria, seguita da un giudizio superficiale, è sempre in agguato nella nostra professione. Studiando si comprende invece che dietro una apparente semplicità si nasconde quasi sempre la complessità. L’acqua è “solo acqua” per chi ne sa poco; per chi ha studiato   chimica, idrodinamica o astrofisica essa è molto di più. Abbinando studio e esperienze pratiche (giornali studenteschi, stages, collaborazioni) la formazione è ideale." 

 

Il Ticino fa abbastanza per la formazione dei suoi giornalisti?

"In Ticino abbiamo adottato un modello (il corso di giornalismo) in un momento in cui il livello medio di scolarizzazione all’entrata nella professione giornalistica era modesto. Il fatto che si continui su questa strada ora che abbiamo una Facoltà di Scienze della Comunicazione all’USI e una SUPSI mi sembra molto discutibile. Sarebbe tempo di ripensare criticamente questo modello e fare qualche passo avanti."

 

Il fallimento del Giornale del Popolo lasciar presagire una crisi generale della stampa ticinese? Il futuro dei giovani giornalisti è in qualche modo compromesso?

"La crisi della carta stampata è un fenomeno mondiale. Che possa fare vittime anche in Ticino non deve sorprendere, anche se – evidentemente – ha effetti dolorosi. Per chi rimane – testate e giornalisti – si tratta di adattarsi, rinnovarsi, reinventarsi.  A queste condizioni anche per i giovani vi sono delle prospettive."

Intervista di Laura Quadri.

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