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Dietro le quinte della produzione cinematografica

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11 Novembre 2025
Intervista a Michela Pini
INTERVISTA

La SRG SSR svolge un ruolo cruciale per l’intero panorama cinematografico svizzero. Questo e altri temi saranno al centro dell’incontro pubblico Il prezzo nascosto del taglio del canone, organizzato dalla SSR Svizzera italiana CORSI, che vedrà un dibattito tra favorevoli e contrari all’iniziativa “200 franchi bastano!”. Per approfondire il ruolo della SRG SSR e comprendere meglio le dinamiche che si celano dietro una produzione professionale, abbiamo intervistato Michela Pini, co-fondatrice e produttrice per la società di produzione cinematografica e televisiva Cinédokké di Savosa. 

Cara Michela, come nasce la tua passione per il cinema e la scelta di diventare produttrice? 

Avevo il sogno di fare cinema sin dalle scuole medie, ma ammetto che non conoscevo la figura del produttore. Non ho mai voluto fare l’attrice e quindi ero convinta di fare la regista in futuro. Parallelamente ho fatto gli scout per molto tempo e ho scoperto con questa attività che mi piaceva molto organizzare, fare sopralluoghi e occuparmi anche di aspetti logistici. Ho unito quindi questa passione per l’organizzazione al mondo del cinema e ho mosso i primi passi in questa avventura professionale  come assistente alla produzione presso l’Imago Film sotto la guida sapiente di Villi Hermann e lì ho appreso i veri valori del cinema. Uno degli aspetti che più apprezzo della figura della produttrice è quella di poter lavorare sempre a progetti nuovi e con persone diverse, perché il cinema è fondamente anche questo: un lavoro di team. A seconda della produzione poi vi è la necessità non solo di conoscere registi e attori con differenti sensibilità, ma anche figure professionali diverse come autisti, pittori, interpreti. 

Cinédokké non è una semplice casa di produzione. Spesso vi occupate anche di casting e avete dato spesso spazio a numerosi giovani registi ticinesi. Come scegliete i progetti da supportare?  

Cinédokké è stata molte cose. Quando l’abbiamo fondata nel 2007 con Amel Soudani volevamo sì fornire services per produzioni cinematografiche, ma anche occuparci di casting e molto altro. In un secondo momento poi abbiamo deciso di produrre cortometraggi, che di fatto hanno lanciato diversi registi della Svizzera italiana.  Difficile dire cosa ci muove a scegliere un progetto – l’intuizione è sempre ciò che guida un buon produttore – ma in generale direi progetti che mi emozionano. Il cinema ha la capacità di saper emozionare ed è quello che vogliamo portare sullo schermo. Un altro criterio è quello di portare un messaggio, che sia politico o di natura sociale, ma che porti a riflettere sulla nostra condizione umana e sulla nostra società.  

La produzione di un’opera audiovisiva è un concetto di cui si parla spesso ma che rischia di restare astratto. In cosa consiste concretamente il lavoro del produttore? 

Come produttori siamo responsabili della nascita, della realizzazione e anche della vita futura della pellicola: insieme all’autore infatti – che spesso è anche il regista –sviluppiamo la storia, accompagniamo la sceneggiatura e soprattutto cerchiamo i finanziamenti. In seguito, curiamo passo dopo passo lo sviluppo del progetto e infine assistiamo in fase di montaggio. Terminato il film, comincia poi il lavoro di promozione e diffusione del film attraverso il distributore e nei vari festival. Bisogna calcolare  che in media dalla prima idea al termine della distribuzione passano all’incirca sei anni. 

Il settore audiovisivo è in continua evoluzione e deve confrontarsi con sfide sempre nuove, sia tecnologiche che produttive. Quali ritieni siano oggi le sfide principali? 
E come sta reagendo, secondo te, la Svizzera italiana di fronte a questi cambiamenti? 

Indubbiamente c’è una nuova leva di persone che ha voglia di fare cinema e che è aperta all’idea di fare film nuovi, sfruttando anche le nuove tecnologie. Oggi vi sono sempre più cortometraggi prodotti con l’intelligenza artificiale in maniera dichiarata e con consapevolezza critica. Non possiamo più fare finta che essa non esista, ma sta agli operatori del cinema usarla in modo intelligente, mostrando anche i lati potenzialmente negativi. La Svizzera italiana è storicamente una regione che, data la ristrettezza di territorio e di mezzi, ha sempre aperto la via alle innovazioni e auspico che possa farlo anche in questo caso.  

La SRG SSR è spesso citata come co-produttrice di numerose pellicole. Che ruolo svolge la SRG SSR all’interno del panorama audiovisivo svizzero?  

Un ruolo determinante: insieme all’Ufficio federale della cultura e ai fondi regionali è uno dei tre pilastri del nostro cinema. Il fatto di collaborare con il servizio pubblico ci spinge inoltre a realizzare pellicole che, per quanto indipendenti, debbono parlare anche a un grande pubblico. La RSI nello specifico si distingue poi per sostenere il cinema a 360 gradi. Vi sono co-produzioni che vanno per esempio al Festival di Cannes come gran parte dei  film di Alba Rohrwacher e al contempo realizza progetti più ancorati al territorio, come per esempio i film dei  Frontaliers.   

Se vincesse l’iniziativa “200 franchi bastano!”, quali sarebbero le conseguenze per il settore audiovisivo e per le produzioni indipendenti?  

Se dovesse passare l’iniziativa sarebbe davvero una brutta notizia per il cinema indipendente; già oggi l’UFC e i fondi regionali hanno messo un tetto ai finanziamenti, ma i costi delle produzioni continuano a crescere. Il rischio è quello in futuro di dover portare all’estero molte produzioni e quindi dare meno lavoro a tutti quei professionisti svizzeri dell’audiovisivo che si troverebbero senza lavoro. In Svizzera, la realizzazione di un film coinvolge in media circa 60 professionisti per un periodo minimo di sei mesi. Sarebbe un vero peccato interrompere il circolo virtuoso che negli ultimi quindici anni, grazie a nuovi registi, film e case di produzione, ha fatto crescere e valorizzare l’intero panorama cinematografico ticinese. 

A cura di Marco Ambrosino, responsabile contenuti editoriali SSR.CORSI 

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