La produzione, la circolazione e la fruizione dell’informazione sono attualmente al centro di trasformazioni profonde che riguardano tanto le pratiche professionali del giornalismo quanto le modalità attraverso cui il pubblico accede alle notizie. Negli ultimi anni, parallelamente alla diffusione di piattaforme digitali e social network, si osserva un progressivo spostamento verso forme di comunicazione visiva e, più recentemente, verso linguaggi basati su immagini sui social e su video brevi. Tali forme non costituiscono semplicemente un adattamento tecnico dettato dalle caratteristiche dei media digitali, ma riflettono anche mutamenti culturali più ampi, che assegnano all’immagine una funzione sempre più centrale in tutti flussi di comunicazione – e quindi anche nell’ambito di informazione.
Il ruolo cognitivo e socioculturale delle immagini nell’informazione
Contrariamente a una diffusa concezione secondo cui il testo costituirebbe la forma privilegiata della trasmissione di conoscenza, le immagini non rappresentano una modalità inferiore di informazione. Invece, operano secondo logiche differenti, ma ugualmente rilevanti. Ciò vuole dire che servono delle competenze particolari per trasmettere informazioni in maniera adeguata, considerando che spesso elementi visivi e testo scritto o parlato lavorano in modo complementare.
Le immagini tipicamente sono “punti di entrata” in un testo giornalistico. Attirano l’attenzione del pubblico, facilitano la comprensione di rapporti spaziali, contribuiscono a rendere immediatamente percepibili legami emotivi e possono sostenere e rafforzare la lettura di contenuti testuali. In vari studi nell’ambito della comunicazione visiva si è anche dimostrato che le immagini possono essere elementi potenti capaci di cambiare l’opinione pubblica. Allo stesso tempo questo potere dell’immagine crea dei rischi, soprattutto se le immagini vengono usate per la mis/disinformazione.
Nel giornalismo, la fotografia, in particolare, è storicamente associata a un’aspettativa di autenticità: essa non solo illustra, ma attesta. Questo conferisce all’immagine una funzione di testimonianza che permette al pubblico di sviluppare una prossimità cognitiva ed emotiva rispetto agli eventi narrati. Tuttavia, bisogna ricordare che non tutte le immagini impiegate nel giornalismo appartengono allo stesso genere. Il fotogiornalismo professionale si fonda su pratiche di raccolta, selezione e contestualizzazione delle immagini che mirano a garantire autenticità e responsabilità documentaria. Altre immagini invece hanno un valore piuttosto illustrativo. Per esempio, le immagini stock o generiche rispondono ad altre logiche, come l’illustrazione concettuale o l’accompagnamento estetico di contenuti. Comprendere tali differenze trai i generi del giornalismo visivo è essenziale, in particolare per affrontare la discussione dove nel giornalismo e in che modo potrebbero essere accettabili immagini generate con AI. Le competenze visive nelle redazioni sono quindi essenziali per mantenere una cultura visiva nel giornalismo capace di sostenere una comunicazione pubblica credibile e informata.
La pressione economica e la perdita di competenza visiva
Paradossalmente, mentre la comunicazione informativa diventa sempre più visiva, il lavoro fotografico e le figure professionali specializzate nella produzione, nella selezione e nella valutazione delle immagini vengono ridimensionati. Le redazioni, chiamate a operare con risorse economiche più limitate e a presidiare contemporaneamente un numero crescente di piattaforme, spesso sono costretti a ridurre gli organici dei reparti fotografici e delegano la produzione visiva a giornalisti multiruolo. Ciò comporta un progressivo spostamento da competenze specializzate nell’ambito di comunicazione visiva a competenze generaliste, con un aumento del carico di lavoro e senza un corrispondente incremento di formazione o supporto tecnico.
Questa trasformazione incide non solo sulla qualità estetica delle immagini, ma soprattutto sulla capacità delle redazioni di effettuare scelte consapevoli e responsabili. In un ambiente caratterizzato da un flusso continuo e incontrollato di immagini che circolano online, la verifica dell’autenticità diventa una pratica complessa che richiede conoscenze tecniche, estetiche, sensibilità etica e tempo operativo. La riduzione delle competenze visive interne rende più difficile mantenere standard professionali elevati, al momento stesso in cui la manipolazione digitale delle immagini, compresa quella generata dall’intelligenza artificiale, diventa più diffusa e sofisticata.
La crescente centralità dei social media come luoghi primari di accesso all’informazione rende questa sfida ancora più pressante. Come mostrano i dati del Reuters Digital News Report 2025, aumenta la rilevanza di piattaforme come Instagram e TikTok per informarsi, le quali non solo privilegiano contenuti visivi ma li rendono decisivi per la visibilità stessa dei messaggi. Queste piattaforme, tuttavia, operano secondo logiche algoritmiche orientate all’engagement più che all’accuratezza. Inoltre, sono anche spazi in cui circolano immagini non verificate, manipolate o estrapolate dal contesto, rendendo la distinzione tra informazione e disinformazione particolarmente fragile.
Ne deriva una situazione in cui il giornalismo è chiamato a un duplice compito: da un lato deve produrre contenuti affidabili e comprensibili per un pubblico che si informa attraverso linguaggi visivi; dall’altro deve assumersi la responsabilità di verificare le immagini che spesso derivano dalle stesse reti in cui diffonde i propri contenuti. La verifica visiva non può essere delegata completamente né a strumenti algoritmici né al giudizio immediato; essa richiede capacità interpretativa, competenze tecnologiche per l'utilizzo degli strumenti di fact checking visivo e sensibilità per le conseguenze sociali delle rappresentazioni visive.
Ripensare la cultura visiva nel giornalismo
Difendere la qualità della comunicazione visiva nel giornalismo non significa semplicemente preservare una tradizione professionale, ma salvaguardare le condizioni affinché continui ad esistere uno spazio pubblico informato. La capacità di distinguere tra ciò che è documentato e ciò che è suggestivamente costruito, tra ciò che mira a chiarire e ciò che mira a persuadere, è oggi un tratto fondamentale della cittadinanza democratica.
Investire nel giornalismo visivo, come riescono a fare alcune redazioni grandi, sostenere le competenze specializzate nelle redazioni e riconoscere la fotografia e la comunicazione visiva come parte integrante della costruzione del discorso pubblico non è dunque un lusso, ma una necessità. In una cultura in cui l’atto del “vedere” è spesso considerato sinonimo di “sapere”, la responsabilità della produzione e dell’interpretazione delle immagini è più importante che mai.
In seguito ai profondi cambiamenti nella comunicazione visiva, i media di servizio pubblico si trovano di fronte a sfide importanti, ma anche a nuove opportunità per rafforzare la loro funzione educativa e democratica. Non si tratta solo di adattarsi ai formati brevi e visivi, ma di promuovere una riflessione critica sul ruolo delle immagini nel plasmare opinioni e discorsi pubblici. Il prossimo articolo di questa serie approfondirà il contributo specifico del servizio pubblico in questo contesto.
Professoressa Katharina Lobinger
Letture di approfondimento:
fög – Forschungszentrum Öffentlichkeit und Gesellschaft (Ed.). (2025). Jahrbuch Qualität der Medien 2025. Schwabe.
Newman, N., Ross Arguedas, A., Robertson, C. T., Nielsen, R. K., & Fletcher, R. (2025). Reuters Insitute digital news report 2025. Reuters Institute for the Study of Journalism. https://doi.org/10.60625/RISJ-8QQF-JT36
Thomson, T. J., Angus, D., Dootson, P., Hurcombe, E., & Smith, A. (2022). Visual mis/disinformation in journalism and public communications: Current verification practices, challenges, and future opportunities. Journalism Practice, 16(5), 938–962. https://doi.org/10.1080/17512786.2020.1832139
Zecchinon, P. (2025). The place and status of photography in changing newsrooms: Economic constraints, digital convergence and visual culture in the 2020s. Journalism Studies, 26(13), 1535–1553. https://doi.org/10.1080/1461670X.2025.2553915