
Gli UEFA Women’s Euro 2025, ovvero i Campionati europei di calcio femminile, che si disputeranno dal 2 al 27 luglio in Svizzera, rappresentano l’evento sportivo dell’anno. Per raccontare l’evoluzione del calcio femminile e soprattutto della sua mediatizzazione a livello nazionale, la SSR Svizzera italiana CORSI ha deciso di organizzare una serata pubblica, che si terrà martedì 29 aprile alle ore 18:30 presso l’Hotel Dante di Lugano. Abbiamo deciso per l’occasione d’intervistare Madeleine Boll, la prima calciatrice svizzera ad ottenere la licenza e che di fatto aprì la via alle future giocatrici elvetiche.
Cara Madeleine, come ti sei avvicinata al gioco del calcio?
Io vengo da un piccolo villaggio tra Sion e Sierre e attorno alla nostra casa c’era sempre un grande spazio dove tutti giocavano a calcio. Non ho mai scelto deliberatamente di iniziare a giocare a calcio, l’ho semplicemente fatto, come la cosa più normale del mondo. Ero felice di giocare a calcio e anche se mia sorella era piuttosto interessata alla danza, io mi sono sempre trovata a mio agio con il gioco del calcio e avere avuto la fortuna di aver avuto dei genitori di mentalità aperta, che mi hanno sempre lasciato fare quello che volevo, ha sicuramente contribuito alla mia carriera.
Da gioco tra amici ad attività sportiva a livello giovanile: come sei arrivata a giocare nelle giovanili del F.C. Sion? Qual era la sensazione di praticare uno sport all’epoca riservato solo ai ragazzi?
Per me non c’era alcun problema, perché ero già abituata a questa dinamica. Forse per gli altri ragazzi era inizialmente un po’ strano vedere una ragazza giocare, ma gli allenatori mi hanno sempre supportata e quando hanno visto che ero brava a giocare la cosa era diventata un fatto più che normale anche per i miei coetanei.
L’evento di svolta nella tua storia – che è anche quella del calcio femminile in Svizzera - è rappresentato dalla partita contro il Galatasaray. Che ricordi hai di quella partita e soprattutto del caso che scoppiò in seguito?
Era una partita suggestiva perché per la prima volta il Sion sfidava un club importante come il Galatasaray, con la squadra giovanile. A quella partita parteciparono moltissimi giornalisti e quasi 10 000 persone assistettero all’incontro. Solo in un secondo momento si accorsero che in mezzo a tutti i ragazzi giocavo anche io, cosa che destò una grande curiosità. L’FC Sion mostrò che aveva la licenza per tutti i 15 giocatori, me compresa. In seguito, l’ASF si accorse di aver commesso qualcosa che andava contro la prassi dell’epoca che vedeva il calcio come uno sport unicamente maschile. Io quindi fui la prima ad ottenere una licenza di giocatrice nel 1965, ma più che una scelta deliberata, fu frutto di un errore. Ad altre giocatrici, infatti, questa possibilità fu loro inizialmente negata.
Il servizio medico della Federazione svizzera di calcio dell’epoca diceva che “il calcio non era uno sport per ragazze”. Quanto è cambiata secondo te questa mentalità? È un fatto ben accettato o persistono ancora in parte questi luoghi comuni che vedono nel gioco del calcio uno sport unicamente maschile?
Sicuramente in parte la mentalità di oggi è cambiata. Non credo che una bambina di 10 anni che gioca a calcio sia vista oggi come un fatto strano. Esistono però altre forme di “resistenza” al calcio femminile, soprattutto legate al livello di gioco o a certe abitudini, soprattutto nelle vecchie generazioni. La situazione è dunque un po’ cambiata, ma non ancora totalmente.
La tua storia ha rappresentato la scintilla del movimento del calcio femminile in Svizzera. A distanza di anni come si sente a esserne stata l’indiretta artefice?
Mi rendo conto di essere stata indirettamente l’artefice. Mi ha fatto un certo effetto vedere infatti che la nuova mascotte dei prossimi Europei abbia ricevuto, in mio ricordo, il soprannome di “Maddi”. Oltre alla mia esperienza, però, devo ricordare l’intervento dei miei genitori e soprattutto di mio padre che in seguito alla partita con il Galatasaray s’interessò alla questione e scrisse all’ASF, poiché il mio non era un caso isolato.
Il calcio femminile oggi comincia a riscuotere un buon seguito, ma i numeri restano ancora bassi, almeno in Europa. Dove bisogna lavorare, in quali settori e in quale modo per restituire al calcio femminile la sua dignità sportiva?
La parola chiave è sicuramente “formazione”. Con la costruzione di strutture (e infrastrutture) sportive pensate per inserire il calcio femminile in un contesto più professionale sarà possibile vedere un futuro roseo per questo sport. A oggi - cito un esempio che ben conosco - una giocatrice vallesana promettente preferisce trasferirsi allo Young Boys o in altre società piuttosto che in Vallese, perché è sicura così di poter avere una reale crescita a livello sportivo. La volontà dei dirigenti per professionalizzare il calcio femminile sarà fondamentale per queste realtà. In questo senso è importante sfruttare l’ondata di entusiasmo che arriverà dagli Europei; a Sion si disputeranno ben tre partite e sicuramente questo porterà molte ragazze a iniziare questa nuova attività sportiva. È importante dunque per la Svizzera farsi trovare pronta e all’altezza della situazione, anche perché i numeri ora cominciano timidamente a parlare in favore del calcio femminile: per esempio durante una delle ultime partite della Nazionale femminile disputatasi a San Gallo contro la Francia erano presenti ben 11 000 spettatori, un numero praticamente pari alla media di spettatori registrata quest’anno nel campionato di Super League.
Secondo te il servizio pubblico radiotelevisivo dà una sufficiente copertura di questo sport?
La televisione ha sicuramente dato ampio spazio al calcio femminile. Tutte le partite della nazionale vengono trasmesse in diretta e spesso, oltre al cronista, troviamo una ex calciatrice a occuparsi del commento tecnico; stesso discorso anche per i commenti a margine dell’incontro in cui troviamo sempre una donna e un uomo a fare le analisi tecniche. Le donne, in questo contesto, hanno saputo prendersi il proprio spazio. Un esempio emblematico dell’interesse del servizio pubblico a promuovere il calcio femminile è rappresentato dal Mondiale del 2019 – disputatosi in Francia – dove la Svizzera non partecipava, ma il servizio pubblico ha comunque trasmesso le partite in chiaro, contribuendo a promuovere in modo importante questo sport.
A cura di Marco Ambrosino, Segretariato SSR.CORSI