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Formazione all'informazione: un argine contro le derive dell’online

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07 Settembre 2021
Intervista ad Anna Picco-Schwendener, ricercatrice postdoc presso la Facoltà di comunicazione, cultura e società all'Università della Svizzera italiana (USI)
INTERVISTA
OPINIONI

Notizie e messaggi che sono poco variegati, non verificati, addirittura personalizzati, ovvero pensati ad hoc per il singolo utente grazie a potenti algoritmi. E poi, dati e fatti che sono fake, ovvero bufale sul web. La misinformazione su Internet e social media è sempre in agguato. Per questo diventa sempre più importante una formazione digitale adeguata. A sottolinearlo è Anna Picco-Schwendener, ricercatrice postdoc presso la Facoltà di comunicazione, cultura e società all'Università della Svizzera italiana (USI) e collaboratrice scientifica all'eLearning Lab.

Il tema dell’eterogeneità dell’informazione, assieme a quello della qualità, è centrale per evitare che il dibattito pubblico sia caratterizzato da una polarizzazione di argomentazioni, nocive, tra l’altro, alla vita democratica. Com’è possibile evitare questa deriva?

Il modello di business dei social media è basato sulla monetarizzazione dei nostri clicks, likes, e visualizzazioni. Per loro è quindi importante proporci dei contenuti personalizzati che catturano il nostro interesse, e questo porta inevitabilmente a un impoverimento dell’eterogeneità dell’informazione. Certamente, non è possibile contenere l’influenza web sulla vita di ciascuno di noi e, di riflesso, su quella pubblica se manca la formazione all’informazione. Mi riferisco all’alfabetizzazione digitale. La consapevolezza di come funziona il modello di business dei grandi colossi del web basato sulla pubblicità e sull'immagazzinamento dei dati è il primo, necessario, passo per contrastare quella condizione di informazione parziale/selettiva creata dagli algoritmi e per utilizzare i social media in modo corretto, sviluppando la capacità di controllare e filtrare quanto ci viene posto sotto gli occhi ogni giorno.

Concretamente, quando consultiamo il web per informarci, che domande dovremmo farci?

Chiediamoci, anzitutto, quale sia la fonte del sito che stiamo consultando e chi scrive. Inoltre, è bene monitorare se le notizie contenute siano aggiornate, se il sito contenga informazioni presentate da un unico punto di vista e se ci siano prove complete e fonti attendibili a supporto delle tesi contenute. Queste domande ci aiutano a riconoscere opinioni soggettive presentate come fatti oggettivi e smascherare le filter bubbles e echo chambers – traducibili in italiano come “bolle di filtraggio” e “camere dell’eco”. Si tratta di spazi online che ci espongono solo a informazioni e opinioni conformi alle nostre convinzioni, creati da algoritmi che personalizzano l’esperienza online di ognuno di noi. Ponendoci queste domande evitiamo di isolarci gradualmente nelle nostre bolle di filtraggio e di farci condizionare dalla conseguente polarizzazione degli argomenti a cui siamo esposti.

In questo contesto, qual è il ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo – che si confronta con la sfida del digitale – per garantire un’informazione che si adi qualità e eterogenea?

Il ruolo del servizio pubblico è indispensabile per garantire un’informazione eterogenea e, di conseguenza, la creazione di nuove idee che nascono appunto solo in contesti pluralistici e non polarizzati. Mettere a disposizioni informazioni attraverso canali e formati diversi, permette ad ognuno di fare delle scelte informative consapevoli, di decidere quando, come, quanto e su cosa informarsi e di non delegare questo compito importante agli algoritmi del web.

Di Valeria Camia

 

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